L’incremento del contenuto in zuccheri del mosto d’uva è stato un problema che fin dagli albori dell’enologia si è tentato di risolvere con i metodi disponibili nei diversi periodi storici e nelle diverse zone in cui si è presentato.
Le prime tecniche impiegate furono, probabilmente, la sovra-maturazione e l’appassimento delle uve sulla stessa pianta o al sole. Col tempo si capì che il mosto poteva essere concentrato anche col calore (tecnica di impiego corrente presso i romani, come riportato da Columella).
Lo sviluppo impiantistico rese possibile, successivamente, la concentrazione diretta del mosto d’uva per disidratazione sotto vuoto a temperature alle quali le reazioni di Maillard sono lente e, praticamente, insignificanti, o attraverso l’osmosi inversa o altre tecniche di filtrazione a membrana.
Considerato l’aumento dei costi di produzione dovuto all’impiego di queste tecniche, nelle aree del centro e nord Europa, il saccarosio ha sempre rappresentato il prodotto preferito per risolvere il problema dell’incremento del contenuto in zuccheri del mosto.
A differenza dell’impiego del saccarosio, l’impiego del mosto concentrato non porta ad una diluizione del mosto come conseguenza dell’alcol prodotto, in quanto esso contiene una quantità rilevante di metaboliti primari e secondari dell’uva, che hanno subito la stessa concentrazione degli zuccheri presenti nel mosto prima della concentrazione. Il mosto concentrato, tuttavia, se non ottenuto dalle stesse uve impiegate per la vinificazione, rischia di introdurre nel vino note tipiche di altre varietà e questo ne compromette l’integrità.
Viceversa, il saccarosio non comunica al vino note estranee a quelle della varietà vinificata, ma costituisce una sostanza estranea all’uva e rappresenta un fattore negativo per l’immagine e la reputazione del vino.
Queste considerazioni hanno portato allo sviluppo di tecniche per produrre uno zucchero puro e 100% da uva, che potesse sostituire il saccarosio nel campo enologico. Si è arrivati così alla produzione di un mosto concentrato e privato di tutte le sostanze non zuccherine al suo interno: il MCR (Mosto Concentrato Rettificato).
Il mosto concentrato rettificato, a differenza del solo concentrato, è depurato della parte fenolica, acida e minerale rimanendo una miscela idro zuccherina naturale, ed è pertanto definito «zucchero d’uva».
Nonostante l’elevata qualità di un prodotto come il MCR in ambito enologico, quest’ultimo non rappresenta ancora una soluzione in grado di eguagliare il saccarosio cristallino dal punto di vista della purezza, della stabilità, della praticità logistica e di impiego.
Naturalia Ingredients ha quindi studiato e implementato un processo produttivo innovativo per estrarre e cristallizzare i costituenti zuccherini dell’uva, glucosio e fruttosio, ottenendo lo zucchero d’uva cristallino o Mosto Concentrato Rettificato Solido (MCRS).
Con il Regolamento di esecuzione (UE) n. 52/2013, il MCR solido è stato autorizzato per le pratiche enologiche alle medesime prescrizioni e condizioni del MCR liquido. La normativa specifica che si deve trattare di un prodotto ottenuto senza impiego di solvente e che deve possedere caratteristiche di purezza, in particolare per l’anidride solforosa, migliori rispetto al MCR liquido.
Gli studi applicativi, svolti in collaborazione con la fondazione Edmund Mach (istituto che svolge attività di ricerca scientifica e sperimentazione nei settori agricolo, agroalimentare e ambientale) hanno quindi dimostrato i vantaggi dell’impiego del MCRS che, rispetto ai tradizionali zuccheri, garantisce ai vini in cui è utilizzato integrità e qualità superiori.